Cinghialoni in mutande rosa

Quando l’uomo diventa oggetto di desiderio.

Una serata in un locale di strip per sole donne. (1992)

Venerdì sera davanti al Drop-Out, a sinistra sulla Bazzanese, subito dopo Casalecchio. Le ragazze entrano senza guardare nessuno, con gli occhi bassi, attente a non farsi notare mentre superano la barriera che separa il mondo normale dal mondo del peccato.

Questo imbarazzo al momento dell’ingresso è l’unico aspetto in comune tra uno strip femminile e uno maschile. Per il resto sono due cosmi non paragonabili.  I locali di spogliarello per maschi sono oppressi da una cappa di energia pesante, sguardi cupi, arrapamenti avvelenati e commenti gonfi di testosterone. Invece qua, tra le ragazze che attendono gli uomini nudi, l’aria è leggera e piena di cicalecci, uno sfrigolio che mescola allegria e malizia, puro divertimento e complicità furbetta.

A mezzanotte si tirano le tende rosse e ci si isola dal mondo. Dentro, ci sono solo donne, oltre al sottoscritto e al presentatore, che subito invita le ragazze a cantare la ola del locale: “O-le-le, O-la-la, faccelo veder, faccelo toccar”. Cantano tutte in allegria. Ridono. Molte sono carine, quasi tutte tra i venti e i trenta.

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C’è anche la nonna

Qualcuna è lì con le amiche per festeggiare il compleanno. Altre, ed è ormai una moda, sono lì a santificare l’addio al nubilato. Stasera c’è persino una sessantenne fresca di parrucchiere che è venuta a festeggiare la nascita del primo nipotino, e viene coperta di applausi.

È il momento. Stanno per entrare in scena loro: i “cinghialoni”. Il nome non è inventato dalle ragazze (una li chiama “giocattolini”) ma nasce, come vedremo, dall’ansia competitiva tra maschi.

Il primo è Federico, 35 anni, di Lugano. Si presenta in pista con naso rosso, baffi grigi, e una camicia che nasconde una enorme pancia. Grasso, baffuto e impacciato nel ballo, sembra un commenda ubriaco al night. Siamo tutti un po’ perplessi.

Federico inizia a farsi spogliare dalle ragazze, una tira via la camicia, l’altra le scarpe, un’altra i pantaloni. A sorpresa vengono via anche i baffi e la pancia finta. Alla fine, il commenda è diventato un vero “cinghialone” in mutande, con certe mortadelle di muscoli che Rambo al confronto non passa la visita di leva. Dire che un cinghialone è “in mutande” al plurale non significa solo ubbidire alla grammatica:, perché di mutande ne indossano veramente tante, che sfilano via una dopo l’altra: boxer, boxer attillati, boxer attillati più piccoli, mutanda, mutandina, costume minimalista. Alla fine Federico resta così: un minuscolo perizoma e un cappello. Si mette a ballare con una spettatrice che lo sovrasta di dieci centimetri e d’improvviso, oplà, il perizoma non c’è più. Bingo, un cinghialone nudo?

La faccenda non è così semplice. Federico viene dal circo, è svelto come un prestigiatore e, proprio mentre il perizoma spariva, al suo posto è comparso il cappello. Fosse uno strip per maschi, si direbbe che “non si è visto niente” ma, essendo uno strip per femmine, pare che la cosa non deluda più di tanto. Una ragazza, alla fine, dirà esplicitamente che lei preferisce “immaginarselo”.

Le ragazze preferiscono le chiappe

Federico esce tra gli applausi col cappello a foglia di fico e le chiappe che scodinzolano al vento. Tanto, ha spiegato prima al bar, non è il davanti ma il di dietro la parte che davvero interessa alle ragazze. È lì che durante lo spettacolo gli arrivano un sacco di manate, di quelle belle piene, a cinque dita, genere locale country nel Montana.

Tocca a Simone, nome d’arte Perseo. Al bar, pareva un ragazzo un po’ impacciato. In pista acquista una sua aria arcana e misteriosa. È vestito da gitano, con frappe nere e rosse che svolazzano, lunghi capelli sciolti e balla su una musica da castello in Transilvania, con gesti misurati e solenni, a metà tra una danza mistica e una lambada al ralenty.

Al contrario di Federico, che giocava, Perseo fa sul serio. Prende le ragazze ad una a una, le fa volteggiare, le stende a terra, si getta sopra e mima l’atto erotico in varie posizioni. La serata comincia a surriscaldarsi. Si vede che le ragazze salgono in pista per gioco, tra risatine e ammiccamenti alle amiche ma poi, quando sono lì, sballottate e strofinate da un gitano sempre più nudo, è chiaro che qualcuna un pensierino ce lo fa.

Del resto, gli strip-man lo dicono: dopo ogni spettacolo almeno una decina di spettatrici vogliono “farti”. Le ragazze però non si illudano. I cinghialoni, giurano in coro, non lo danno via tanto facile. Uno riassume così la problematica: “scopare per scopare non mi interessa. Io scelgo con molta attenzione, deve essere una ragazza che mi piace davvero. E comunque, sia chiaro, non vado mai a letto con una donna la sera stessa che l’ho conosciuta”.  È la dichiarazione che vale la serata: con buona pace di duemila anni di teorie su sessualità maschile e femminile, salta fuori che appena il maschio diventa oggetto, comincia a fare il difficile pure lui.

Le misteriose paroline di Apollo

Silenzio in sala. Tocca ad Apollo, milanese, il divo della situazione, uno dei pochi professionisti italiani, che lavora 4-5 sere a settimana. Nel dibattito al bar, Apollo era l’unico a sostenere che le donne si eccitano davvero durante gli strip mentre, secondo i suoi colleghi, per le ragazze è solo un gioco. Così lo aspettiamo alla prova dei fatti, perché delle due l’una: o Apollo si è montato la testa, oppure lui eccita le ragazze e i suoi colleghi no.

Alla fine, sembra più probabile la seconda. Apollo è alto 1,90, ha un fisico perfetto, la mascella da pubblicità del dopobarba e i capelli lunghi. Soprattutto, ha i gesti sicuri di chi domina la situazione. Si avvicina alle ragazze per portarle sulla pista, fa il baciamano e, se recalcitrano, inizia a sussurrare paroline all’orecchio, tranquillo come se fossero soli in una stanza e non al centro di una discoteca con duecento occhi addosso.  Parlando al bar, Apollo si era dichiarato capace di convincere qualsiasi donna a salire in pista a farsi palpeggiare da lui. Con me c’era un’amica giornalista piuttosto carina e Apollo, guardandola, aveva aggiunto “qualsiasi donna si trovi qua per qualsiasi motivo”.

Così, mentre la mia amica si rintana nell’angolo più buio, Apollo dimostra che non parla a vanvera. Al contrario dei suoi colleghi, che andavano a prelevare solo le ragazze più scatenate, lui punta quelle coi vestiti “perbene”, quelle che abbassano lo sguardo, quelle sulla cui fronte scorre in sovraimpressione la scritta “mi ha portato la mia amica, io non farei mai una cosa del genere”.

E infatti dopo il baciamano rifiutano decise, scuotono la testa e fanno tre passi indietro. Ma Apollo le raggiunge e attacca con le sue misteriose paroline all’orecchio. Le ragazze del “mai e poi mai” finiscono una dopo l’altra a farsi spupazzare nel centro della pista, proprio sotto ai riflettori. Apollo non mi ha voluto spiegare cosa diavolo sussurri nelle orecchie, ma l’impressione è che il segreto non stia nelle parole ma nella tranquilla autorevolezza dei gesti e dello sguardo.

Poi Apollo procede come gli altri: un infinito svolazzare di braghe e braghette, un corpo sempre più nudo, un mimare di gesti erotici. Alla fine resta con un perizoma rosa pastello e va a farselo togliere proprio al centro del locale, nel punto più illuminato. La ragazza non vuole, ma bastano tre paroline e quella inizia a sfilare la cordicina rosa…Ma sotto Apollo ha un perizoma esattamente uguale: questo è professionismo!

“Ti faccio quello che voglio”

Regola uno: mai provocare Apollo. Una ragazza, per fare la ganza con le amiche, gli sfiora con la mano le parti intime. Dieci secondi dopo è al centro della pista, con la testa premuta lì dove cercava di toccare, in un virtuale coito orale appena impedito dal sottile tessuto rosa. Poi la ragazza viene giravoltata e palpata in una dozzina di posizioni stile kamasutra. Ora non ride più, ha le gote rosse e sembra piuttosto turbata mentre Apollo, tra le mosse erotiche del ballo, mette tranquillo le mani lì dove nemmeno un ginecologo osa trafficare con così poco preavviso.

Appena la tensione erotica diventa palpabile, Apollo fa un inchino alla ragazza e la rimanda a sedere. La regola è che il confine tra giocare e far sul serio va appena sfiorato. “Quando cominciano a scaldarsi troppo, alleggerisco l’atmosfera”, spiega dopo. Ma aggiunge sornione che in altre sale, più private, i confini sono tracciati in modo diverso. Si tratta di feste o club dove le coppie si fanno stimolare dagli strip-men e lì, racconta, indossa solo un lungo camicione bianco, senza perizoma. Per coinvolgere le signore infila la loro testa sotto al camicione. E lì, al riparo da sguardi indiscreti, col marito tra l’eccitato e il geloso, le signore si trovano a tu per tu col suo amico: “Ne devo ancora trovare una che non lo prenda in bocca”, ridacchia Apollo, che senza ragazze attorno passa volentieri dal carismatico al prosaico.

Niente di tutto questo, naturalmente, in questa serata con ragazze che andranno spose la domenica e neo-nonne che festeggiano il nipotino.

Qua la tensione si spegne appena viene accesa e lo spettacolo finisce tra risate e applausi, poi parte la musica e diventa una normale serata in discoteca, tutte in pista a ballare, con gli strip-men che svolazzano da una all’altra, attenti a non convogliare attenzioni esclusive. E poi viene il bello.

E i maschi stanno a guardare

Infatti a questo punto entra in scena il normale pubblico maschile, per cui le porte si aprono solo a strip finito. Giovani maschi ancora avvolti nel freddo sgranano gli occhi: ci sono almeno cinque donne per ogni uomo e molte sono già galvanizzate dallo strip.

Per i ragazzi abituati alle discoteche della bassa, dove la percentuale è 10 uomini per 3 donne, la serata è una specie di Terra Promessa del corteggiamento.

Eppure i nuovi arrivati se ne stanno a margine, imbarazzati, senza entrare in pista a ballare. Provo a chiedere spiegazioni, e un ragazzo con la l’aria mesta dice: “ma come si fa a provarci, dopo quei cinghialoni lì? Chissà che attrezzi han fatto vedere!”.

Così si finisce mestamente, con le ragazze che ballano da sole e i ragazzi che continuano a spogliare i cinghialoni con gli occhi, non per desiderio ma per capire se c’è possibilità di concorrenza o no.  Rintanati negli angoli, continuano a optare quasi tutti per il “no”.

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